Quando si parla di eredità coniuge, ci si riferisce all’eredità di una figura che il legislatore ha inteso tutelare in modo piuttosto significativo.
Dalla riforma del diritto di famiglia del 1975, al coniuge superstite deve essere riconosciuto almeno un terzo del patrimonio ereditato – se concorrono ad esso più figli – o metà se vi è un unico figlio.
Il coniuge è, peraltro, una figura “particolare” nell’eredità. Non ha un legame diretto di parentela con il de cuius, come possono averlo i figli. E, dunque, ha diritto all’intera eredità solamente se il de cuius non lascia figli, ascendenti o discendenti legittimi, fratelli o sorelle, come stabilisce l’art. 583 c.c.
Eredità coniuge, cosa dice la legge
Considerato che ne abbiamo appena fatto breve cenno, richiamiamo alla memoria l’art. 583 c.c., secondo cui “in mancanza di figli legittimi o naturali, di ascendenti, di fratelli o sorelle, al coniuge si devolve tutta l’eredità”.
Se il coniuge concorre con altri parenti del de cuius – come già citati genitori, ascendenti, fratelli o sorelle – allora ha diritto ai due terzi del patrimonio ereditario.
Per il precedente art. 582 c.c., invece, “al coniuge sono devoluti due terzi dell’eredità se egli concorre con ascendenti legittimi o con fratelli e sorelle anche se unilaterali, ovvero con gli uni e con gli altri”.
Secondo l’art. 581 c.c., infine, “quando con il coniuge concorrono i figli legittimi o naturali, o figli legittimi e naturali, il coniuge ha diritto alla metà dell’eredità se alla successione concorre un figlio, a un terzo negli altri casi”.
Il diritto all’abitazione sulla residenza familiare
A quanto sopra occorre altresì aggiungere un importante riconoscimento, previsto dall’art. 540 comma 2 c.c.
Il legislatore ha infatti inteso tutelare il coniuge sancendo che, anche quando concorre con altri chiamati, a questa figura è riservato il diritto di abitazione sulla residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se sono di proprietà del defunto o comuni.
Si tenga conto che questi diritti gravano sulla porzione disponibile del patrimonio. E che qualora questa non sia sufficiente, gravano per il rimanente sulla quota di riserva del coniuge ed eventualmente sulla quota riservata ai figli.
Traendo le necessarie conclusioni, il coniuge ha diritto di continuare a vivere all’interno della residenza coniugale, anche se ora la proprietà è suddivisa con i figli. Il coniuge può abitare e usare tutta la casa, e non solo la quota che il legislatore ha scelto di attribuire.